L'estate sta arrivando per tutti

Di Arianna Zanella, DVM

Quando si parla di stress da caldo nell’allevamento della vacca da latte il primo pensiero va alle conseguenze che si manifestano nel gruppo degli animali in produzione.


Il peggioramento delle performances produttive e riproduttive è la prima preoccupazione quando ci si appresta ad affrontare la stagione estiva.Ma contrariamente a ciò che si pensa, lo stress termico è un problema che colpisce TUTTI gli animali all’interno di un allevamento da latte. Le conseguenze delle alte temperature estive sono spesso importanti anche su vitelli e manze, benché producano meno calore metabolico e abbiano una maggiore efficienza di dissipazione.


Per il gruppo di animali più giovani, le conseguenze dello stress termico possono derivare dell’esposizione sia durante la vita intrauterina che dopo la nascita.

Stress termico nel periodo prenatale

Vi sono ormai crescenti prove che l’ambiente uterino della madre può trasmettere un effetto indiretto dello stress da caldo innescando meccanismi di adattamento anche nel feto. Vacche non raffrescate durante l’ultimo periodo di gravidanza danno alla luce vitelli con peso ridotto (Amaral et al, 2011; Tao et al, 2012). La crescita fetale è compromessa perché lo stress da caldo tende ad accorciare la durata della gravidanza (Amaral et al., 2011) e dato che negli ultimi 2 mesi il feto cresce rapidamente, una diminuzione del numero dei giorni in utero compromette il peso finale del nascituro. Inoltre, le elevate temperature compromettono lo sviluppo e la vascolarizzazione placentare (Regnault et al, 2003) causando ipossia e malnutrizione fetale.

Vitelli nati da vacche esposte a stress da caldo avranno un peso inferiore e una minore statura allo svezzamento e faticano a raggiungere lo stesso peso a 12 mesi delle figlie di asciutte raffrescate. Questo probabilmente legato al fatto che lo stress da caldo intrauterino causa una modifica permanente del metabolismo con accumulo periferico di energia e un suo minore utilizzo per la crescita (Tao e Dahl, 2013).

Lo stress da caldo materno peggiora anche la capacità immunitaria della prole con conseguente maggiore suscettibilità alle patologie e minore tasso di sopravvivenza dalla nascita fino alla pubertà. Tutto questo causato dal fatto che i nuovi nati avranno una quantità di immunoglobuline circolanti nettamente minore rispetto a vitelle di madri raffrescate (Tao et al, 2012). Il meccanismo non è ancora completamente conosciuto, forse legato alla ridotta qualità del colostro prodotto ma si pensa ci sia anche correlazione con la capacità di assorbimento intestinale da parte dei nuovi nati. Lo stress prenatale inoltre altera i parametri ematici e la capacità immunitaria cellulare postnatale (Tao, Monteiro et al., 2012).

Inoltre, i dati finora in nostro possesso ci dicono che lo stress da caldo in asciutta ha conseguenze che sembrano riflettersi negativamente anche sulla futura capacità produttiva e riproduttiva della prole (Dahal et al., 2013). Diversi studi riportano che le manze nate da madri in stress da caldo, al momento della fecondazione necessitano di un numero maggiore di interventi per concepire con conseguente età al parto più elevata. Anche la produzione delle prime settimane della prima lattazione risulta compromessa: Monteiro et al. (2013) riportano la media produttiva di due gruppi di primipare figlie di vacche raffrescate (CL) o sottoposte a stress termico (HT). E’stata rilevata una maggiore produzione, di circa 5 kg/giorno nelle prime 35 settimane postparto, per le figlie di vacche raffrescate.

Stress termico nel periodo postnatale

Ormai è certo che anche dal momento della nascita in poi, l’esposizione a temperature ambientali troppo elevate può peggiorare le performance di crescita dei nuovi nati. Al contrario delle vacche in latte, ad oggi però non è ancora chiaro quali siano le soglie degli indicatori ambientali che ci indichino la necessità di intervenire per alleviare lo stress da caldo in questa parte della mandria. Abbiamo però la possibilità di basare le valutazioni su alcuni parametri che derivano dall’osservazione diretta dagli animali.

Aumento delle frequenze respiratoria e cardiaca, respirazione a bocca aperta, ricerca dell’ombra e raggruppamenti, aumento del tempo trascorso in piedi e/o fuori dalla gabbia, aumento della temperatura rettale e del consumo di acqua sono alcuni degli indicatori di discomfort termico. L’adattamento a condizioni prolungate di stress da caldo ha un impatto molto importante sul benessere dei vitelli e sulla redditività dell’allevamento.

Tutti gli studi fino ad oggi effettuati sulle conseguenze dello stress termico sulle performance di crescita dei nuovi nati, concordano su un minore incremento ponderale giornaliero durante le stagioni con temperature ambientali più alte (Donovan et al., 1998; Broucek et al., 2009; López et al., 2018). Il minore tasso di crescita è dovuto sia a una minore ingestione di alimento, sia al maggiore dispendio energetico per la termoregolazione, che alle conseguenze dell’eventuale stress termico subìto durante la vita intrauterina. E’ stato comunque provato che l’impatto dello stress termico postnatale risulta comunque negativo anche per vitelli nati in condizioni di termoneutralità (Dado-Senn et al., 2020).

Per quanto riguarda le manze gli effetti più importanti dell’esposizione a stress da caldo prolungato si manifestano principalmente nella sfera della riproduzione: le elevate temperature estive influenzano lo sviluppo follicolare causando la produzione di oociti di scarsa qualità.

Tecniche per diminuire il carico termico

Come già detto, fino a oggi, la questione stress da caldo per quanto riguarda la vitellaia è stata spesso messa da parte. La ricerca ha però messo in luce il fatto che il mantenimento di condizioni fisiologiche durante periodi estivi con alte temperature, alta umidità e forte irraggiamento solare sia un dispendio energetico importante per gli animali e causa di perdite economiche per l’allevamento. Dato che ad oggi, al contrario delle vacche in latte, non sono ancora perfettamente chiari i limiti della zona di termoneutralità per gli animali più giovani, conoscere i fattori che influenzano la termoregolazione nel vitello è importante per apportare modifiche ambientali e gestionali che permettano a vitelli e manze di utilizzare le energie per la salute e la crescita.

Le principali strategie manageriali per supportare gli animali nella stagione più calda riguardano la gestione dell’alimentazione:

  • per i vitelli in allattamento meglio distribuire i pasti principali in orari con temperature ambientali non troppo elevate, se possibile integrare con la somministrazione di soluzioni idratanti e acqua fresca sempre a disposizione;
  • per le manze, la densità energetica della razione andrebbe adeguata alla riduzione dell’ingestione. Anche l’integrazione con vitamine, lieviti e minerali ad effetto antiossidante possono alleviare gli effetti negativi dello stress termico.

Le modifiche strutturali e ambientali restano però gli interventi più efficaci nei confronti dello stress da caldo.

 

Nella maggior parte dei casi i vitelli dalla nascita allo svezzamento vengono sistemati in gabbie singole e spesso all’aperto. In estate il microclima di questi ambienti diventa invivibile se gli alloggi non sono correttamente coibentati e ombreggiati. Quando possibile sarebbe anche auspicabile l’orientamento verso Nord delle gabbiette in modo da ridurre ulteriormente l’irraggiamento solare.

Un’ulteriore modalità di riduzione del carico termico è l’aumento della circolazione dell’aria. Nelle gabbie singole aprendo le prese d’aria sui lati e sulla sommità, nel caso invece di animali alloggiati all’interno con l’installazione di ventilatori orizzontali. Alla temperatura ambientale di 29°C uno studio del 2011 (Hill et al.) riporta un aumento del 23% dell’incremento ponderale giornaliero e del 21% dell’efficienza alimentare dei vitelli con l’utilizzo dei ventilatori.

Nel caso delle manze invece, l’implementazione della ventilazione con la bagnatura permette la riduzione della temperatura rettale, della frequenza respiratoria e l’aumento dell’incremento ponderale del 26% rispetto ad animali in condizioni di stress da caldo (Marai et al., 1995).

Conclusioni

Basandoci quindi sui dati di letteratura ad oggi a nostra disposizione, si può concludere che, sebbene vitelli e manze si suppone siano più tolleranti allo stress termico, in verità subiscono gli effetti negativi delle alte temperature estive, compromettendo le loro performance di crescita e riproduttive. Diventa quindi assolutamente necessario affrontare la questione stress termico anche per questi componenti della mandria da latte. Anche se si tratta di animali non in produzione, il loro peso sulla redditività dell’allevamento si sta rivelando davvero importante.