Non è sufficiente dire acqua
- digestione;
- assorbimento dei nutrienti;
- trasporto di metaboliti e ormoni
- lubrificazione e supporto per numerosi organi e per il feto;
- sudorazione e produzione di latte;
- eliminazione di feci e urine.
Il fabbisogno idrico quotidiano di una bovina in lattazione è stato stimato in 5 litri per kg di sostanza secca ingerita e viene soddisfatto essenzialmente da due fonti:
- acqua ingerita come abbeverata;
- acqua contenuta come umidità della razione.
Naturalmente questo quantitativo, che in condizioni normali si aggira intorno ai 100 litri/capo/giorno, varia in base alla tipologia di razione, all’ingestione, alla produzione ma soprattutto in base alle condizioni ambientali. È stato calcolato che il fabbisogno idrico possa aumentare del 30% a 20 °C, del 50% a 25 °C e raddoppiare a 30 °C.
“…non sarà ritenuta conforme la somministrazione di acqua frazionata o la presenza anche di un singolo soggetto allevato in assenza di acqua somministrata ad libitum, poiché a tutti i bovini dell’allevamento deve essere permesso di soddisfare le proprie esigenze idriche bevendo quando e quanto vogliono…”
(CReNBA)
Sulla base di questo principio è fondamentale pensare con precisione al dimensionamento e al posizionamento dei punti di abbeverata in stalla.
Come indicazione, vengono ritenuti sufficienti 10 cm di abbeveratoio per ogni vacca presente, posti ad un’altezza di circa 70 – 80 cm da terra. La portata all’abbeveratoio deve assicurare la presenza di circa 7-8 cm di acqua, in modo che le bovine possano bere immergendo la bocca senza aspirare aria. Per quanto riguarda il posizionamento, è inoltre fondamentale la presenza di almeno 2 abbeveratoi per gruppo, meglio entro i 15 m dalla zona di alimentazione. Nel caso l’abbeveratoio fosse posizionato in un passaggio, la larghezza di quest’ultimo dovrebbe essere di circa 5 m, in modo che la presenza di bovine che bevono non precluda il traffico degli altri animali (Figura 1). Da valutare, inoltre, anche l’ombreggiatura dei punti di abbeverata, in quanto il sole potrebbe alterare la qualità dell’acqua, ma soprattutto in previsione dei momenti più caldi dell’anno: se le vacche devono scegliere tra l’ombra e il camminare verso un abbeveratoio posto al sole, sceglieranno sempre l’ombra, riducendo così inevitabilmente la loro assunzione di acqua.
La qualità dell’acqua è un argomento di estrema importanza. Sono 5 i criteri da valutare:
- proprietà organolettiche;
- caratteristiche chimico-fisiche
- sostanze in eccesso;
- sostanze tossiche;
- microrganismi
Le caratteristiche organolettiche come odore e sapore possono essere facilmente rilevate dagli animali, e in caso di odori o sapori sgraditi, l’ingestione ne può risentire in maniera importante. Le caratteristiche fisico-chimiche come PH e durezza solitamente non presentano rischi per la salute, mentre l’eccesso di alcuni componenti come Ferro, Sodio, Solfati e Fluoro potrebbe dare qualche problema e/o deprimere l’ingestione. La presenza di sostanze tossiche è, salvo in casi eccezionali, sotto i livelli di allerta. Discorso diverso invece per la conta dei microrganismi presenti, per cui in alcuni casi ci può essere un rischio biologico concreto. Per tutti questi motivi sarebbe auspicabile svolgere analisi periodiche dell’acqua in modo da avere la certezza che l’abbeverata sia esente da odori e sapori sgraditi, sostanze tossiche e agenti contaminanti rischiosi per la salute degli animali o che incidano direttamente o indirettamente sulla qualità sanitaria degli alimenti.
Insieme allo svolgimento di analisi regolari, la creazione di un protocollo di pulizia periodica degli abbeveratoi permette di controllarne costantemente il corretto funzionamento e di offrire agli animali acqua pulita, limpida, senza scarti alimentari, alghe o deiezioni, ottimizzando l’igiene e di massimizzando il consumo di acqua da parte delle bovine. (Figura 2)
Figura 2 – Basandoti su come appare l’acqua nell’abbeveratoio, saresti disposto a bere? Se la risposta è NO, allora l’acqua non è abbastanza pulita nemmeno per le tue vacche! (BEEDE, 1992)
Dopo aver valutato tutti gli aspetti di cui è stato scritto finora, vale la pena di soffermarsi anche sulla temperatura dell’acqua somministrata ai nostri animali. Come già detto, il consumo di acqua è direttamente proporzionale al consumo di sostanza secca. È stato però osservato che questa relazione può essere modificata dalla somministrazione di acqua troppo fredda, che va a alterare momentaneamente la temperatura ruminale. Esistono numerosi studi che riportano gli effetti positivi della somministrazione di acqua riscaldata, specialmente durante la stagione invernale. L’ingestione di acqua troppo fredda diminuisce la temperatura ruminale (Petersen et al., 2016) alterando le fermentazioni e l’attività microbica (Hungate, 1966), soprattutto nei confronti della digestione della fibra, che si svolge a una temperatura ottimale di circa 38°C (Roger et al., 1990).
Petersen et al. (2016) in uno studio condotto per 3 anni, hanno riscontrato che vacche con accesso ad acqua riscaldata hanno bevuto il 30% in più, rispetto a gruppi di animali che non avevano accesso all’acqua riscaldata. Per questa ragione, soprattutto nei mesi più freddi, l’adozione di attrezzature che permettano di mantenere a circa 18-20°C la temperatura dell’acqua negli abbeveratoi consente di massimizzarne l’ingestione, senza però alterare l’equilibrio ruminale. Un ulteriore vantaggio si ottiene dal momento che queste evitano episodi di congelamento delle tubazioni, e quindi mancato approvvigionamento idrico alla mandria.
Ad oggi all’abbeverata non viene ancora data sufficiente importanza all’interno del complesso mondo dell’alimentazione delle vacche da latte. L’acqua andrebbe considerata a tutti gli effetti una componente della razione e trattata come tale. Analisi periodiche, protocolli di pulizia costante degli abbeveratoi e controllo della corretta somministrazione per quanto riguarda quantità e temperatura, sono ormai aspetti da integrare necessariamente nella routine quotidiana di un allevamento di vacche da latte.