Stress da caldo: un problema solo per le vacche in latte?

Gli effetti dello stress da caldo durante le torride estati degli ultimi anni sono ben noti a tutti gli addetti del settore. Nella maggior parte degli allevamenti, ormai, sono presenti impianti di ventilazione e raffrescamento. Spesso però questo tipo di accorgimenti vengono riservati solo alla mandria in latte, il settore dell’allevamento di certo più suscettibile allo stress termico. Ma non il solo. Lo stress da caldo per le vacche in produzione causa l’aumento della temperatura corporea e delle frequenze respiratoria e cardiaca con conseguenze negative sulle performances produttive e riproduttive.
Ma che effetti ha lo stress termico su vacche asciutte e relativa prole?

Stress e asciutta

Negli ultimi anni la ricerca ha portato alla luce le ripercussioni che le elevate temperature hanno anche su questo gruppo di animali. Rispetto alle vacche sottoposte a ventilazione e raffrescamento nella tarda gestazione, quelle sottoposte a stress da calore presentano un minore sviluppo mammario prima del parto (Tao et all., 2011), un’inferiore ingestione di sostanza secca (Amaral et al., 2001) e una ridotta produzione nella lattazione successiva. La Fig 1 (da Tao e Dahl, 2013) riporta un riassunto degli studi che hanno esaminato gli effetti dello stress da caldo durante il periodo di asciutta sulla produzione della lattazione successiva. Le barre nere rappresentano la produzione nella lattazione successiva delle vacche sottoposte a ventilazione e raffrescamento in tarda gestazione, rispetto agli animali non raffrescati.

graphic
Stress e transizione
In aggiunta alla compromissione delle performances produttive, lo stress da caldo in asciutta influenza negativamente la salute e lo stato immunitario durante la transizione (Amaral et al., 2011). Thompson e Dahl (2012) in un ampio studio durato oltre 3 anni e con 2600 parti registrati, hanno confermato che l’incidenza delle patologie (mastiti, patologie respiratorie e ritenzioni di placenta) nei primi 60 giorni di lattazione è più alta per le vacche asciugate durante i mesi estivi, con ulteriori conseguenze anche sulle performance riproduttive nella nuova lattazione. È ampiamente dimostrato che le vacche in latte cominciano a fare esperienza di stress da caldo quando il valore di THI ambientale (Temperature Humidity Index) supera 68 (Zimberlan el al., 2009). Attualmente però non esiste un valore equivalente per le vacche asciutte per identificare la loro soglia di stress da caldo. Per meglio comprendere quando lo stress da caldo comincia a influenzare le performance delle vacche asciutte uno studio dello scorso anno (Toledo et al., 2020) ha analizzato i dati di 6 studi svolti in Florida dal 2007 al 2014. Confrontando due gruppi di vacche, con ventilazione e bagnatura o senza raffrescamento (solo ombra), si sono volute approfondire le correlazioni tra temperatura rettale, frequenza respiratoria e produzione di latte nelle prime 8 settimane postparto per identificare una soglia che potesse in maniera semplice identificare lo stato di stress da caldo in asciutta. Dai dati sono emersi valori maggiori di temperatura rettale media (+0,3 °C) e di frequenza respiratoria (+26 atti respiratori al minuto) per le vacche sottoposte a stress termico. La produzione delle prime settimane postparto è stata invece di 2,8 kg/capo/giorno superiore nelle vacche raffrescate. Considerando tutti i dati di temperatura corporea e frequenza respiratoria di entrambi i gruppi, i valori medi sono stati 39,1 °C e 61 atti respiratori al minuto. Un valore superiore a 39,1°C è indicativo di stress da caldo e di conseguenza 61 atti respiratori al minuto può essere utilizzato come limite per stabilire una eventuale condizione di stress da caldo nelle vacche asciutte.
Stress e transizione

Oltre agli effetti sulle vacche, lo stress estivo ha chiari affetti anche sui feti. Vacche non raffrescate in tarda gestazione danno alla luce vitelli con peso ridotto (Amaral et al, 2011; Tao et al, 2012). Ciò è correlato a diversi fattori:

  • Lo stress da caldo in asciutta accorcia la durata della gravidanza (Amaral et al., 2011) e dato che negli ultimi 2 mesi il feto cresce rapidamente, una diminuzione del numero dei giorni in utero compromette il peso finale del nascituro;
  • le elevate temperature in tarda gravidanza compromettono lo sviluppo e la vascolarizzazione placentare (Regnault et al, 2003) causando ipossia e malnutrizione fetale.
Lo stress da caldo materno inoltre peggiora la capacità immunitaria della prole, con conseguente maggiore suscettibilità alle patologie e minore tasso di sopravvivenza che si protrae fino alla pubertà.
Quando le madri sono sottoposte a stress termico, i vitelli avranno una quantità di immunoglobuline circolanti nettamente minore rispetto a vitelli di madri raffrescate
(Tao et al, 2012). Il meccanismo non è ancora completamente conosciuto, forse legato alla ridotta qualità del colostro prodotto, ma si pensa ci sia anche correlazione con la capacità di assorbimento intestinale da parte dei vitelli. Lo stress prenatale inoltre altera i parametri ematici e la capacità immunitaria cellulare postnatale (Tao, Monteiro et al., 2012).
I vitelli nati da madri non raffrescate in asciutta presentano anche una minore statura allo svezzamento e faticano a raggiungere lo stesso peso a 12 mesi delle figlie di asciutte raffrescate.
I vitelli che hanno subito stress da caldo in utero presentano una modifica permanente del metabolismo che causa accumulo periferico di energia e un suo minore utilizzo per la crescita (Tao e Dahl, 2013).
Inoltre, i dati finora in nostro possesso ci dicono che lo stress da caldo in asciutta ha conseguenze che sembrano riflettersi negativamente anche sulla futura capacità produttiva e riproduttiva della prole (Dahal et al., 2013). Gli studi a disposizione fino a oggi riportano che le manze nate da madri in stress da caldo lasciano la mandria con maggiore frequenza prima della pubertà, solitamente a causa di patologie, e al momento della fecondazione necessitano di un numero maggiore di interventi per concepire, con conseguente età al parto più elevata. Anche la produzione delle prime settimane della prima lattazione risulta compromessa. La Fig. 2 (da Monteiro et al., 2013) riporta la media produttiva di due gruppi di primipare figlie di vacche raffrescate (CL) o sottoposte a stress termico (HT). È stata rilevata una significativa differenza di produzione, di circa 5 kg/giorno nelle prime 35 settimane postparto per le primipare HT.
Conclusioni
Analizzando complessivamente tutte queste informazioni esiste ormai una sostanziale evidenza che supporta la necessità di ventilare e raffrescare le vacche anche per tutto il periodo di asciutta. Rispetto a vacche in stress termico, il raffrescamento permette di ottenere un maggiore sviluppo mammario, mantiene stabile l’ingestione di sostanza secca e migliora lo stato immunitario durante la transizione, nella lattazione successiva. Tuttavia, il maggiore beneficio del raffrescamento delle asciutte è l’effetto benefico sui vitelli. I nati da madri raffrescate avranno peso maggiore, un sistema immunitario più robusto e migliore accrescimento; le manze alla pubertà avranno migliori performances riproduttive e una migliore efficienza produttiva durante la loro prima lattazione.
Impianti di ventilazione